Onorevole Lorenzin, Lei è oggi ritenuta un ministro-chiave, sempre al centro del dibattito pubblico perché le è stato affidato un compito assai difficile. Infatti, dopo anni di tagli lineari e continua caccia al risparmio in nome della revisione di spesa e del risanamento di bilancio, la sanità italiana rimane un cantiere sotto esame. La Corte dei conti ha di recente calcolato (su dati 2014) che l’indebitamento sanitario è ancora in crescita. Da una parte il governo dichiara di voler solo razionalizzare la spesa, per liberare risorse da reinvestire sempre in sanità. Dall’altra i cittadini temono invece che dietro il riassetto e l’“efficientamento” si prepari in realtà la messa in crisi del sistema universalistico dell’assistenza sanitaria pubblica, scaricando il peso del deficit sulle spalle dei soggetti più fragili, quali anziani e disabili, che sono ovviamente i maggiori fruitori delle prestazioni sanitarie. In un report dell’OCSE, che mette a confronto la spesa sanitaria dei vari paesi membri, la riduzione di quella italiana si sarebbe ottenuta anzitutto riducendo personale sanitario e numero di posti letto (3,4 per mille abitanti a fronte di una media Ocse del 4,8 per mille). Come invertire la rotta salvaguardando il sistema sanitario pubblico, in particolare per i disabili e i malati cronici?
Vorrei subito chiarire che il mio primario interesse ed obiettivo, e quello di tutto il Governo, è mantenere il nostro Servizio sanitario nazionale come un modello universale e universalistico, che è la nostra grande differenza rispetto a quello che accade nella maggior parte dei Paesi del mondo. Quello che abbiamo in Italia, cioè accesso a cure e a prestazioni di massimo livello e di massima eccellenza in modo gratuito per tutti, a prescindere dalla propria carta d’identità e dalla propria carta di credito o dal fatto di avere o meno un’assicurazione privata, è una ricchezza sociale del nostro Paese. Questo tra l’altro lo facciamo spendendo pochissimo rispetto ai nostri altri vicini di casa: noi spendiamo il 6,5 per cento del prodotto interno lordo. Tutti ci chiedono: ma come fate? È ovvio che, per farlo, sono stati fatti grossi sacrifici in anni di crisi economica. Ma, a differenza di altri, durante la crisi economica noi non abbiamo privatizzato il sistema del welfare e in particolare il Sistema sanitario nazionale; lo abbiamo fatto rimanere accessibile a tutti e dobbiamo continuare a farlo.
I prossimi saranno anni in cui torneremo ad investire sul personale sanitario, sull’accesso al farmaco e sulle infrastrutture. Il fondo del prossimo anno è di 113 miliardi, quindi ci sono due miliardi in più rispetto a quello del 2015.
Riguardo la riduzione dei posti letto vorrei fosse chiaro che quello che abbiamo fatto è razionalizzare nel segno dell’efficacia, dell’efficienza, della qualità e dell’appropriatezza delle prestazioni erogate.
Abbiamo definito il regolamento sugli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi relativi all’assistenza ospedaliera, con cui si avvia il processo di riassetto strutturale e di qualificazione della rete assistenziale ospedaliera, per consentire ai cittadini di poter usufruire, nell’erogazione delle prestazioni sanitarie, di livelli qualitativi appropriati e sicuri e al contempo ottenere una riduzione dei costi garantendo l’effettiva erogazione dei Livelli Essenziali di Assistenza.
Per quanto riguarda l’assistenza a disabili e malati cronici abbiamo inserito nel Patto della salute approvato dalle Regioni il potenziamento dell’assistenza territoriale e la domiciliarizzazione delle cure come fattori fondamentali per fornire risposte ai bisogni di assistenza di questi pazienti. Inoltre nella legge di Stabilità ci sono misure dedicate alla disabilità e non autosufficienza. Mi riferisco al progetto “Dopo di noi” per il sostegno delle persone con disabilità grave prive di legami familiari, alle risorse destinate all’assistenza per l’autonomia degli alunni con disabilità fisiche o sensoriali, alle misure finalizzate a rendere effettivamente indipendente la vita delle persone con disabilità grave. Inoltre nella legge di stabilità viene confermato a 400 mln di euro il fondo per le non autosufficienze.
Regionalizzazione e disparità. Siamo alla vigilia dell’emanazione dei nuovi LEA, tema complesso e sensibile per tutti gli italiani. I livelli essenziali di assistenza dovranno erogare a tutti i cittadini, tramite il Servizio sanitario nazionale, determinate prestazioni e servizi. Tuttavia ci sono disparità nell’assistenza territoriale, nelle diverse Regioni, in particolare proprio per anziani e disabili. Fra le cause: l’effetto Sud (purtroppo rimasto ancora indietro) e l’effetto dei piani di rientro, che spesso hanno finito con il penalizzare maggiormente proprio quei malati che risiedevano in città magari più indebitate, ma meno efficienti in termini di accesso alle cure. Come garantire allora prestazioni uniformi nei prossimi LEA, evitando le conseguenze di un federalismo sanitario che di fatto ha creato già 20 diversi sistemi sanitari nel paese?
È un dovere da parte di tutti noi fare in modo di eliminare gli sprechi, rendere efficace ed efficiente il sistema anche facendo azioni innovative, cioè entrando nel merito della produttività del sistema, tant’è vero che nel piano di rientro che abbiamo inserito nella legge di stabilità non agiamo più solamente sulle Regioni, ma entriamo negli ospedali. Verifichiamo cioè i livelli essenziali di assistenza dei singoli ospedali che in questi anni hanno sforato il budget. Facendo un piano di rientro triennale, una road map per uscire dalla crisi, noi andiamo in profondità dei processi, con l’obiettivo di rendere sempre più efficace ed efficiente il sistema sanitario e di liberare le risorse, che così potranno essere reinvestite nel sistema. Questa è una grande novità del Patto per la salute: le risorse recuperate dalla lotta agli sprechi non vanno più via, rimangono all’interno del comparto e possono essere reinvestite con delle priorità: quest’anno ad esempio sono stati i LEA e il farmaco per l’epatite C; nei prossimi anni lo saranno il personale sanitario, l’innovazione e la ricerca e l’accesso ai farmaci. Riguardo la disomogeneità di assistenza tra le Regioni, voglio ricordare che spesso quelle che hanno sforato il budget sono anche quelle che hanno fornito prestazioni di minore livello qualiquantitativo. È quindi un problema organizzativo, manageriale, che va risolto. Anche per questo abbiamo voluto la norma che prevede che il direttori generali e amministrativi di ASL e ospedali siano scelti da un Albo unico nazionale in base al curriculum e alle competenze e non in base a logiche politiche. E chi non raggiungerà gli obiettivi assegnati andrà a casa. Abbiamo varato una vera e propria rivoluzione per la sanità italiana.
Sono sempre stata convinta che la sanità funziona dove ci sono bravi manager. Sono loro a rendere efficienti o meno le aziende sanitarie. Non è un caso che registriamo costantemente l’apparente paradosso di una sanità che funziona peggio lì dove costa di più. È per questo che ho voluto un albo nazionale, con regole d’ingresso precise e trasparenti, dal quale potere valutare i migliori, dare alle Regioni la possibilità di scegliere tra chi ha un elevato profilo. È un’altra promessa mantenuta per una sanità migliore.
Esigibilità dei LEA. Sempre in merito ai LEA in via di definizione e al Patto per la salute 2014-2016 ricorre spesso un’altra obiezione: nelle aree della non autosufficienza e della disabilità le Regioni sono tenute a predisporre attività sanitarie e servizi socio- sanitari che vengono però effettuati “nei limiti delle risorse previste”. Questa condizione, se verrà mantenuta, non mina alla base il ruolo vincolante dei Lea? Inoltre, a quando il varo dell’atteso nuovo nomenclatore di protesi e ausili? Quali le novità?
I Lea sono finiti, abbiamo mandato il testo alle Regioni e abbiamo fatto un incrocio dei dati. Ora il documento è al ministero dell’Economia. Stiamo facendo delle consultazioni con le associazioni dei pazienti che riguardano il nomenclatore, che è all’interno dei Lea per valutare possibili cambiamenti tecnici laddove possano esserci delle criticità. Il nostro obiettivo è quello di aumentare i servizi per la popolazione: sull’aggiornamento dei Lea abbiamo stanziato 800 milioni di euro. Inoltre abbiamo anche inaugurato un nuovo modello operativo: i Lea verranno aggiornati costantemente, annualmente, con il lavoro di una Commissione, ascoltando anche le esigenze delle Regioni e dei pazienti. Ricordo che erano più di dieci anni che i Lea e il nomenclatore non venivano aggiornati e quindi considero il risultato raggiunto molto importante per tutti.
In particolare per l’assistenza protesica, tra l’altro, sono introdotte nuove protesi e ausili anche di elevata tecnologia (es. piedi a restituzione di energia, componentistica in materiali innovativi, sollevatori mobili e fissi, protesi acustiche digitali, comunicatori a sintesi vocale o a display, sensori di comando, i sistemi di riconoscimento vocale, domotica, stoviglie adattate, maniglie e braccioli di supporto), vengono ampliati i beneficiari (es. malati rari), snellite le procedure di collaudo degli ausili.
L’Italia invecchia e cerca quindi nuove risposte in termini di sanità e assistenza. La popolazione over 65 anni in Italia è pari a circa 12.300.000 persone e si stima che siano già in condizione di non autosufficienza circa 2.275.000 anziani. Il progressivo aumento di terza e quarta età nei prossimi anni richiederebbe pertanto l’adozione di strategie socio-assistenziali innovative. Ad esempio l’uso della telemedicina, utilizzato in molti Paesi avanzati per la gestione dei pazienti cronici a distanza, la possibilità per i medici di avere disponibili in rete le informazioni sulla storia clinica del paziente, e così via.
La sanità elettronica è fondamentale perché offre una maggiore vicinanza al cittadino, attraverso strumenti quali sistemi informativi, fascicolo elettronico e telemedicina.
Ritengo che la messa a regime dell’e-health sia un passo fondamentale. Primo perché attraverso l’e-health, si ha maggiore trasparenza ed efficientamento complessivo del Servizio sanitario nazionale, secondo perché con il fascicolo sanitario elettronico e la ricetta elettronica sarà possibile avere disponibile in tempi reali la cartella clinica dei pazienti e poter fruire dei farmaci prescritti in qualsiasi farmacia del Paese. In questo contesto la telemedicina rappresenta sicuramente un’importante opportunità, tanto più nel caso di malati non autosufficienti.
Detto questo, vorrei sottolineare che l’aumento della longevità pone sfide di assistenza che tutti i servizi sanitari del mondo si trovano a dover affrontare per garantire la sostenibilità del sistema alle future generazioni e la prima e la più grande è quella di non fare ammalare i sani, di cercare di far arrivare le persone alla terza, alla quarta età, più in salute possibile. Oggi sappiamo che un invecchiamento in buona salute è influenzato da diversi fattori e che la prevenzione primaria con l’adozione di corretti stili di vita, cioè promozione dell’attività fisica, dieta equilibrata, abolizione del fumo, ridotto consumo di alcol e vaccinazioni, è fondamentale per favorire la conservazione di capacità funzionali che consentono alle persone anziane una vita autonoma. Per questo motivo la diffusione di stili di vita sani rappresenta uno dei pilastri della politica sanitaria dei prossimi anni. Accanto alla prevenzione primaria è naturalmente altrettanto importante poi l’individuazione e il trattamento precoce di malattie frequentemente diffuse nell’anziano come le malattie neurodegenerative, il diabete, l’ipertensione, le malattie cardiovascolari, i tumori.
Ministro Lorenzin, la cronaca recente ha purtroppo ancora registrato terribili casi di maltrattamenti ed abusi a danno di persone disabili o anziane in strutture che invece dovrebbero curare e assistere. Per fermare queste violenze si è allora parlato dell’uso delle telecamere e di una maggiore formazione professionale degli operatori. Lei ha intanto proposto come deterrente l’aggravante per chi commette reati all’interno di strutture socio-sanitarie. Cosa pensa, fra le possibili contromisure, dell’apertura di questi istituti al controllo dei familiari o delle associazioni dei disabili?
Quando nel luglio del 2013, dopo il caso di Meta di Sorrento, abbiamo istituito la task force a tutela di anziani e disabili non immaginavo che avremmo continuato a trovare situazioni di abusi gravissimi. Oggi sono ancora più convinta di avere agito nell’interesse dei più fragili quando ho proposto l’introduzione di una specifica aggravante della pena per chi si macchia di reati ai danni di pazienti ricoverati all’interno di strutture sociosanitarie, trasformando quella che dovrebbe essere la più amorevole delle cure in crudeltà. Chiunque si macchia di abusi va punito. In questi anni abbiamo effettuato, e ringrazio i Nas di questo, migliaia di controlli su tutto il territorio nazionale che hanno evidenziato tante strutture che operano giornalmente con rigore e serietà e smascherato invece quelle che erano veri e propri teatri dell’orrore. La strada intrapresa sta dando i suoi frutti e proseguiremo con controlli continui e serrati in tutta Italia.
Riguardo all’apertura degli istituti sociosanitari ai familiari di persone ricoverate ritengo che gli standard igienico-sanitari, la qualità dell’assistenza, l’umanizzazione delle cure erogate debbano essere garantite indipendentemente dal fatto che chi vi è ricoverato abbia o meno la possibilità di avere un familiare vicino, perché ci sono persone sole che hanno gli stessi diritti di essere assistiti in modo adeguato. Detto questo, sono convinta che la trasparenza sia sempre un valido strumento contro il malaffare, in ogni sua declinazione.
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